Mentre non si placano le polemiche tra i governatori delle regioni catalogate con il colore “rosso” e gli esponenti del governo, il Paese deve fare i conti con un altro devastante effetto della pandemia da Covid-19, che ha portato ad oggi alla perdita di più di 800mila posti di lavoro, di cui circa il 55,9% occupati al femminile.
Ancora una volta sono le donne, in un momento di grande difficoltà economica, a subire la penalizzazione più ingente causata anche da molti contratti a termine che non sono stati rinnovati, e da partite IVA che non hanno retto il fortissimo impatto con la crisi.
Altro motivo di grande svantaggio per le donne risulta essere il fatto che, tra i settori prevalentemente colpiti dall’emergenza, ci siano stati i “servizi” che tradizionalmente hanno un maggiore impiego femminile, così come la ristorazione e l’assistenza domestica.
A questo si aggiunge anche la difficoltà per molte madri di gestire il lavoro agile, il cosiddetto “smart working”, avendo a casa figli under 15 da seguire con la didattica a distanza, inconciliabile con l’attività lavorativa, e il forte aumento delle unità femminili inattive soprattutto tra coloro che hanno completato il ciclo di studi, non trovano lavoro e rinunciano a cercarlo.
Una pericolosissima dispersione di facoltà e competenze, dunque, che rischia di far precipitare l’Italia indietro di cinquant’anni.
Silvia Ramilli