Ciao a tutti!
Questa volta sono andato a visitare un ditta abbandonata, perciò non c’è niente di paranormale.
Il mistero è perché una struttura così inquinante e pericolosa non venga messa in sicurezza.
La cartiera sorge nella zona dove, già nel 1744, esisteva un piccolo centro per la produzione della carta.
Già in quell’epoca era attiva a Cairate, presso il Mulino delle Monache, una folla di carta, e nel 1772 era documentata l’esistenza di un’altra piccola folla di carta presso Lonate Ceppino.
La prima, nel 1853, venne ampliata e trasformata in una piccola cartiera, che passò più volte di proprietà divenendo, nel 1881, la Cartiera Canziani & C. Nel 1891 l’attività fu rilevata da Enrico Vita, che nel 1897 la ribattezzò Cartiera Enrico Vita & C.
La ampliò con nuove costruzioni e l’acquisizione della ‘folla’ di Lonate Ceppino.
Nel 1899, alla sua morte, la gestione passò ai figli e la ditta prese nome di Fratelli Vita.
Pochi anni dopo, con il matrimonio tra Tilde Vita e Sally Mayer, membro di un’importante famiglia industriale torinese, la denominazione divenne quella definitiva e famosa di Cartiera Vita & Mayer.
Nel 1904, con la nascita della Ferrovia della Valmorea, allora detta della Valle Olona, vennero costruite in prossimità della cartiera diverse infrastrutture apposite.
Nel 1908, quando dava lavoro a 440 persone e produceva 6000 tonnellate di carta all’anno, furono installati nuovi macchinari.
Fu più volte colpita da violente alluvioni dell’Olona (1908, 1911 e 1917), ma ciò non ne rallentò lo sviluppo.
Durante la Prima guerra mondiale vennero rinnovati i macchinari, e negli anni ’20 e ’30 furono costruiti nuovi ed enormi edifici ed una scuola professionale per la formazione dei dipendenti.
Nel 1937 entrò in funzione un impianto per la produzione di cellulosa da 8000 tonnellate all’anno, ma l’anno successivo i Mayer, di origini ebree, furono costretti ad emigrare per via delle leggi razziali, mentre la proprietà dell’industria passò al governo.
Nel 1940 i dipendenti erano 985.
Nell’aprile del 1945 i Mayer riebbero la cartiera e la rinnovarono di nuovo: nuovi macchinari, nuovi padiglioni e una centrale elettrica autonoma.
Nel 1952 fu acquistato un terreno limitrofo per la costruzione di un nuovo stabilimento, così, tra quello vecchio e quello nuovo, tra gli anni ’50 e ’60 alla cartiera lavoravano 3150 operai e la produzione di carta si aggirava attorno alle 80.000 tonnellate annue.
In quegli anni la produzione era molto varia, carta per giornali, carta da disegno, carta per libri e quaderni, carta igienica e per produrre tutto ciò vennero comprate le sedi di due ditte preesistenti, la Cartiera Sterzi e il Sacchettificio Bisson & C., che diventò la Cartiera Aquila, con oltre 200 dipendenti.
Tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70 cominciò una vera e propria crisi: la concorrenza dei paesi dell’est rendeva i costi di lavorazione insostenibili e la carenza di legname aveva aumentato il prezzo della materia prima.
In più, nel 1976 venne chiusa la ferrovia della Valmorea (che portava le merci direttamente alla cartiera e dalla cartiera ai clienti) perché ormai non era più economicamente utile, visto che tante ditte lungo il suo percorso erano state chiuse.
Due violente alluvioni (11 giugno 1975 e 1 ottobre 1976) danneggiarono macchinari e strutture della cartiera.
Anche il governo cercò di salvare la ditta dal fallimento, ma stanziò solo un terzo delle finanze necessarie e fu così che la cartiera chiuse definitivamente l’8 agosto 1977.
Dopo 37 anni di abbandono, nel 2014 il Comune di Cairate ha stanziato dei fondi per il recupero e la ristrutturazione dell’intera struttura, ma dopo la demolizione di alcuni padiglioni e il sigillo di alcuni ingressi, i lavori si sono fermati e non sono mai più ripresi.
Tutto l’ambiente è saturo di resti di sostanze chimiche per la lavorazione della cellulosa (principalmente cloro e suoi derivati) e di amianto.
Tutte cose che o si disperdono nell’aria, o vengono assorbite dal terreno, inquinando così tutte le falde acquifere presenti in zona.
E il fiume Olona passa proprio in mezzo alla cartiera, assorbendo tutto quello che percola dai terreni contaminati.
Marco Patania