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“La voce dei frati”: una storia di miracoli e di coraggio

Il romanzo è inserito nella categoria di storico/fantastico, ed è ambientato nel 1800; si dipana attraverso una serie di avvenimenti fantastici ma ispirati a fatti realmente accaduti. La storia ha come protagonisti due bambini, Antonio e Giulio che, ancora molto piccoli vengono adottati da una famiglia benestante, cosa che all’epoca era molto frequente. I due crescono come fratelli veri, diversissimi fra loro ma di animo buono e nobile. In un paese della Valle d’Aosta, Avieil, arroccato tra le montagne, scorre la vita dei due ragazzi, tra passeggiate e scoperte, fino ad un evento, o meglio “segno divino”, che i due percepiscono in modo tanto forte dal condurli a seguire la vocazione divina e intraprendere il lungo percorso che poi li conduce, nel tempo, a divenire frati, Fra Paolo e Fra Giusto.

Una storia fatta di miracoli e di coraggio umano, di preghiera e di forza d’animo, commovente, che lascia immaginare l’amore di un ragazzo per il suo cane e la riconoscenza come concetto ricorrente che percorre tutto il romanzo, fino alla fine dei giorni, che Paolo ripercorre ormai anziano, attraverso i racconti che lui stesso narra, scoprendone man mano i veri segni e significati. Il romanzo è: “ La voce dei frati” di Giudici Luigi.

(Sì, sono ancora io, perchè l’avventura di scrivere un libro mi ha veramente appassionato. Mi è piaciuto molto a tal punto che io in prima persona mi emoziono per ciò che scrivo e voglio regalare anche agli altri queste emozioni).

Provate per un istante ad immaginare un mondo privo di emozioni: la gioia non sarebbe possibile; felicità, beatitudine, carità o gentilezza non esisterebbero; nessuno sperimenterebbe amore né alcuna emozione positiva. Su un pianeta privo di emozioni non ci sarebbero nemmeno impulsi negativi; niente dolore, rabbia, depressione. Vivere in un mondo simile significherebbe limitarsi a esistere. Senza la capacità di provare emozioni la vita sarebbe ridotta a un grigio, meccanico rituale, quindi dobbiamo essere grati di provare emozioni!

Se da un lato le emozioni sono importanti per uno scrittore, perché rappresentano la spinta che fa procedere la trama di una storia, dall’altra le stesse sono importanti anche per un lettore, perché attraverso le emozioni il lettore si immedesima con i vari personaggi provando piacere nella lettura.

Il motivo principe per cui i lettori leggono narrativa, è per provare emozioni: che siano le stesse emozioni che provano nella vita reale, che si ratti di emozioni amplificate oppure che siano emozioni opposte a quelle vissute normalmente, l’importante è provare qualche cosa. Purtroppo il romanzo che non riesce ad emozionarvi, è semplicemente, un libro che ha fallito la sua importantissima missione.

Voglio portarli all’attenzione le parole inserite nelle mie riflessioni che fanno ben capire cosa mi passava nella testa in qui momenti. Far nascere un romanzo è spesso un processo misterioso e delicato. Si ha una vaga idea da dove partire o, come nel mio caso da un episodio, altri da un personaggio o da un luogo. Scriverlo è stato divertente, mi sono immedesimato e calato in tutte le situazioni, e ho provato tutte le gioie e le paure dei personaggi, insomma ho vissuto tutti i momenti e le circostanze come se fossi io al posto di Paolino. Mi sono talmente calato nella parte di Paolino che ad un certo punto non sapevo più quanto fosse un personaggio inventato, oppure ero io veramente. Questo non l’ho ancora scoperto. Ho sempre amato i romanzi, dove comparivano dei cani, a tal punto che questa storia era adatta a inserirne uno con la dignità di un personaggio.

Uno dei temi che ho trattato e che apre un mondo è il destino.

Durante una scorpacciata di frutti raccolti nel bosco, i due bambini fantasticano su cosa piacerebbe fare e da grandi e uno dei due dice di voler fare la guida alpina ed essere un professionista della montagna per poi essere ricordato per grandi imprese e salvataggi.

Facciamo una piccola riflessione, vi ricordate quante volte abbiamo detto di voler tornare indietro per cambiare qualche cosa, momenti passati di cui non si va fieri, e se aveste agito in maniera differente il nostro destino sarebbe cambiato. Il nostro destino non è segnato ma siamo noi a darne forma a poco a poco. Bisogna saper scegliere durante le tappe della vita. Se ci dessero l’opportunità di tornare indietro e cambiare qualcosa, anche la più piccola cosa comporterebbe un cambiamento totale del nostro presente. Dobbiamo capire, dunque quanto sono importanti ne nostre scelte: “Il destino non è quello che ti succederà, ma ciò che tu vuoi che ti succeda.”

Altri concetti ricorrenti sono la riconoscenza che è l’atto di riconoscere un favore o un’azione ricevuta da qualcun altro, e la gratitudine che è un bellissimo sentimento che porta tanta luce e serenità nella vita di chi la percepisce. Decidere di coltivare la gratitudine è come costruire un boomerang, che una volta lanciato, ritorna indietro più ricco e potente di prima.

E i protagonisti del romanzo la sanno lunga.

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