Ci sono apprensione e delusione, ma anche rabbia, ad accompagnare in questi giorni la notizia che un emendamento alla legge di Bilancio chiede la chiusura dei siti on line per la vendita dei prodotti per le sigarette elettroniche, a base di nicotina, e l’obbligo di licenza a venderli per tutti i negozi specializzati. A questa novità si aggiunge la sentenza della Corte costituzionale di due giorni fa, che tassa di 4 euro ogni 10 ml i liquidi per le sigarette elettroniche, sia con nicotina, sia a base zero.
Si instaura di fatto il monopolio da parte dello Stato sui prodotti venduti per lo “svapo”, il fumo che fumo non è, poiché si tratta dell’atomizzazione di vapori di sostanze aromatiche, non per forza contenenti nicotina. La pratica dello “svapo” ha permesso a tantissimi fumatori, di sigarette tradizionali, di uscire un po’ alla volta dalla schiavitù del fumo-veleno, approdando alle sigarette elettroniche che aiutano a diminuire la nicotina, aggiungendo gusti nuovi alle boccate, che sono di puro vapore.
Attorno alle sigarette elettroniche è nato anche un mondo di piccoli produttori, che nei prossimi mesi potrebbero vedersi costretti a chiudere o ridurre la propria attività, poiché le loro imprese non potranno reggere le tassazioni, mentre con il loro lavoro riuscivano a mantenere delle famiglie.
“Svapo non è fumare. Chi ha pensato alla legge non ci conosce, e non conosce il mondo dello svapo. Non è vero che porta al tabagismo, casomai è il contrario: fumatori incalliti destinati a patologie complesse, ne sono usciti proprio svapando. Svapare è diventato sinonimo di gruppi che sperimentano aromi, si incontrano, realizzano fiere ed eventi. Un movimento culturale”, spiegano sul social i sostenitori dello svapo, che adesso annunciano di voler avviare petizioni per farsi ascoltare e per far conoscere le proprie istanze.
Dal 2010, anno dell’arrivo delle sigarette elettroniche, oggi sono 1 milione e duecentomila gli svapatori in Italia, che saranno penalizzati dagli aumenti del costo dei liquidi. Chi ne ha fatto una fonte di reddito, adesso attende con fiducia una revisione delle scelte a livello nazionale, perché nessuno vuole darsi al contrabbando, ma discutere la cosa verso una soluzione meno rovinosa.